La maggior parte dei testi che ci provengono da questo periodo storico li dobbiamo alla diffusione del monachesimo ed in particolare a San Benedetto, che fonda il monastero di Montecassino nel 529, con la regola “Ora et labora”. Nei monasteri erano presenti sia delle strutture dette “Hortus conclusus”, dove si coltivavano le erbe, sia delle Spezierie, dove si confezionavano i medicamenti.
Nascono quindi i primi ospedali: Santa Maria Nova a Firenze 1288 e Santa Maria della Scala a Siena 1090, e le università (Bologa metà XII sec, Padova 1222).
In più, appaiono le prime “Arti o Corporazioni”, il cui fine era di affermare e difendere le competenze professionali e gli interessi dei propri membri. Nascono quindi gli “speziali”, che pur facendo parte della stessa corporazione, si dividono i compiti tra “medico” e “preparatore” (diremmo oggi “medico” e “Farmacista”) con compentenze ed obblighi diversi.
La medicina cinese ed ayurvedica ancora oggi considerano le patologie anche come una combinazione dei diversi agenti patogeni derivati dalla teoria dei 5 elementi.
Se lo sviluppo della medicina ha seguito viene parallele, per quanto riguarda la classificazione delle piante, la medicina cinese rimane imbattibile.
Infatti, nella Cina antica (2200 a.C. – 1112 a.C.) compare la figura di un imperatore dai tratti mitologici, Shen Nong. Questi viene considerato l’inventore dell’agricoltura e della materia medica: è infatti a lui che si deve la prima classificazione di piante ad uso terapeutico e la prima farmacopea cinese.
Farmacopea che è andata via via ampliandosi fino a raggiungere al giorno d’oggi oltre 4000 piante (senza contare minerali e derivati animali).
Nella farmacopea cinese le piante sono caratterizzate da un sapore (amaro, salato, piccante, dolce) da una natura (calda, fredda, neutra), dall’organo bersaglio e dagli effetti che porta all’organo.
In Europa, la fitoterapia si è poi confusa con l’alchimia in Paracelso (1500), mentre ha trovato in Linneo, nel 1735, colui che è riuscito a dare un senso organico alla nomenclatura delle piante e degli esseri animali con la nomenclatura binomiale di genere e specie.
Dopo Linneo, con l’introduzione del 1800 della sintesi chimica e delle prime molecole (esp. Acido acetilsalicilico), la medicina “convenzionale” si è rivolta prevalentemente a quest’ultime, relegando la fitoterapia o a medicina integrativa, o a punto di partenza di emisintesi di molecole (esp. Ormoni bioidentici a partire dalla Dioscorea).
Oggi la fitoterapia utilizza estratti fluidi e secchi ed innovativi di piante medicinali: nulla viene più lasciato al caso. L’estrazione viene sempre analizzata secondo le linee guida nazionali ed Europee per verificare il contenuto di principi attivi. Tali principi attivi possono o essere dei “marker” di qualità dell’estratto o i componenti con più evidente attività biologica: questo permette al medico prescrittore o al farmacista di poter consigliare l’estratto più efficace per la sintomatologia del paziente.
C’è di più, il “nulla viene lasciato al caso” lo intendiamo in senso lato: sempre più numerosa è la letteratura scientifica che riguarda l’uso delle piante medicinali.
Possiamo dire che, oggigiorno, il consiglio per l’utilizzo di fitoterapici non può prescindere dalle conferme scientifiche, e che tali e tanti sono gli studi per alcune di queste piante che hanno raggiunto lo status di vero e proprio farmaco. Esempi sono la rodiola, la serenoa repens e il pelargonium procumbes: rispettivamente per astenia, ipertrofia prostatica benigna e patologie influenzali delle prime vie aeree.
Non solo, in Italia ci sono anche alcuni ospedali (Careggi di Firenze) che offrono, come visita mutuabile, la medicina integrativa e la fitoterapia (Dott. Fabio Firenzuoli).
Luca Guizzon