Recentemente abbiamo parlato di come una pianta erbacea asiatica, l’Andrographis paniculata (A. paniculata), stia attirando le attenzioni degli esperti, sempre alla ricerca di potenziali effetti positivi degli estratti naturali sulla salute umana.
Se in quel caso però il giudizio era rimasto in sospeso (si trattava della sua efficacia sui sintomi da artrite reumatoide), lo studio che presentiamo oggi ha dato risultati più soddisfacenti.
Anche questa volta A. paniculata è stata testata su una malattia autoimmune, la sclerosi multipla, avendo però come obiettivo un effetto molto particolare: si è cercato di capire se e quanto gli estratti della pianta riescano ad alleviare la fatica disabilitante, tipica della malattia.
Naturalmente, il trattamento standard per la malattia, a base di interferone, è rimasto attivo per tutta la durata dell’esperimento. A. paniculata è stata semplicemente affiancata all’interferone, per vedere se la sua presenza migliorasse in qualche modo la sensazione di fatica nei pazienti.
Decine di pazienti sono stati coinvolti e monitorati per un anno intero: metà di loro hanno ricevuto un trattamento a base di 170 mg di estratto secco di A. paniculata, l’altra metà del semplice placebo.
L’indice di affaticamento è stato registrato nell’arco dei dodici mesi in ognuno dei pazienti, usando una scala di misurazione standard, detta Fatigue Severity Scores (FSS).
Ebbene, i pazienti trattati con l’estratto naturale della pianta hanno dimostrato una significativa riduzione nei loro punteggi sulla scala FSS, rispetto a quelli tratttati col placebo: statisticamente, nei 12 mesi hanno ridotto del 44% i sintomi da affaticamento. A. paniculata è stata ben tollerata dai pazienti, e non ci sono stati cambiamenti nei parametri clinici. Solo in un caso, un paziente ha sviluppato uno sfogo cutaneo, risolto con tre settimane di trattamento antistaminico.
Questa volta si può dunque essere più generosi con A. paniculata, che si è dimostrata efficace nel ridurre la fatica, in pazienti affetti da sclerosi multipla.
Accanto alla cura a base di interferone, può dunque rappresentare un valido aiuto per le più di centomila persone che soffrono di questa malattia in Italia.
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