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Fitoterapia

Ginkgo biloba: storia di una pianta di successo

Il Ginkgo biloba è forse la pianta più antica oggi esistente: popola la terra da 250 milioni di anni senza mostrare cenni di cedimento, resiste a climi anche molto rigidi e si adatta a diversi tipi di terreno. Inoltre, in controtendenza rispetto a molte altre piante e animali, è riuscita a fare dell’uomo un ulteriore fattore del suo successo: il fatto che oggi sia diffusa in gran parte del mondo, e non solo nell’originaria Cina, è dovuto al fatto di essere riconosciuta come un’eccellente pianta ornamentale, ideale per molti parchi e giardini occidentali.

Come se non bastasse, Ginkgo si propone anche come un’importante risorsa a livello fitoterapico: i flavonoidi e ginkgolidi estratti, infatti, hanno notevoli proprietà micro vascolari, sfruttabili in caso di problemi alla circolazione sanguigna. Oltre ad un generale effetto antiossidante, queste sostanze promettono la riduzione degli spasmi arteriolari con un conseguente miglioramento della microcircolazione, un più efficace scambio di ossigeno e glucosio tra sangue e tessuti, l’inibizione della sintesi sia di nitrossido che del cosiddetto PAF, il fattore di aggregazione piastrinica.


Tutto rivolto ad una migliore circolazione del sangue dunque, con Ginkgo che si candida ad essere una buona arma contro trombosi venose, danni da fumo, forme non gravi di arterosclerosi e addirittura demenza di Alzheimer. Non si possono tacere anche alcune pesanti controindicazioni: ecco perché non solo è d’obbligo un attenta supervisione medica, ma è necessario anche essere cauti nell’accogliere i risultati positivi provenienti da un singolo esperimento.

Assume quindi valore maggiore una ricerca comparativa pubblicata nel marzo 2014. Questa mette in confronto i risultati di diversi studi ed esperimenti condotti su estratti di Ginkgo, cercando di capire se un trattamento del genere possa essere vantaggioso, proprio per i malati di Alzheimer e per i pazienti con sintomi neuropsichiatrici.
I risultati sono stati soddisfacenti. Si è visto infatti che gli effetti positivi elencati sopra danno il loro meglio con l’assunzione di una dose giornaliera di 240mg di estratto di Ginkgo, in un trattamento che va dalle 22 alle 26 settimane. Statisticamente, i pazienti trattati con Ginkgo hanno ottenuto risultati superiori rispetto al gruppo di controllo, migliorando in generale la funzione cognitiva, la valutazione delle attività quotidiane e i sintomi neuropsichiatrici. Anche per il sottogruppo dei malati di Alzheimer, i miglioramenti sono stati paragonabili.
L’importante conferma allora, è che quantomeno Ginkgo si dimostra capace di stabilizzare o rallentare il declino cognitivo dei pazienti. Dopotutto, il rallentamento della degenerazione cellulare è il minimo che ci si possa aspettare dalla pianta più antica del mondo.
RC

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