Le specialità gastronomiche si prestano bene allo sviluppo di figure professionali in grado di premiarne le particolari caratteristiche gustative ed olfattive che le contraddistinguono.
Se sono famosi i sommelier di vino ed olio, e le modalità di assaggio di questi prodotti, forse è meno nota la codifica dell’assaggio del miele.
L’assaggio coinvolge 4 dei nostri cinque sensi: negli anni ’70 Michel Gonnet ne codificò le procedure secondo i criteri di Vista, Olfatto, Tatto e Gusto. La valutazione della qualità del miele esula dall’abbandono semplice al piacere del palato, ma vuole scoprire le peculiarità e caratteristiche della singola varietà.
Varietà che può presentare delle ibridazioni di pollini, poiché è spesso presente una sovrapposizione di fioritura tra varie specie vegetali e alle api piace andare “di fiore in fiore”, senza che l’uomo possa esercitarvi particolare controllo.
Per iniziare la valutazione visiva, è bene prendere una piccola quantità di miele e disporlo in un calice da vino, osservandolo sotto una luce uniforme. In questo modo ci potremo accorgere della variazione di colore che appare nel passaggio tra vasetto e bicchiere, osservare in trasparenza l'omogeneità o la presenza di tracce di impurità, valutare se è limpido o cristallizzato.
Saremo quindi in grado di valutare l’intensità ed il tipo di colore: scuro, chiaro, beige, nocciola, crema, etc.
Dopo aver soddisfatto il senso della vista, si passerà all’olfatto: stando attenti che il luogo dove effettuiamo l’inalazione dei profumi del miele non contenga altre fonti di profumo o odore che possa falsarne l’analisi.
Si può scaldare leggeremente il bicchiere tra le mani per far evaporare una maggior quantità di sostanze profumate e migliorare la percezione olfattiva.
Questa analisi, che si effettua con delle inalazioni ripetute ed alternate, risulta più complicata, poiché nel corso dell’evoluzione l’uomo ha perso la capacità di distinguere efficacemente i profumi.
Sarà quindi più complesso riuscire ad identificare l’odore che percepiamo: floreale o fruttato? Caldo o aromatico? In generale è utile cercare di associare il profumo ad un ricordo o ad una situazione per poterlo identificare (oppure utilizzare una Ruota dei Sapori).
Infine, finalmente potremo soddisfare la gola. Non per abbuffarci di dolce miele, ma per assaporarne il gusto, che è per la verità un misto tra sapore e profumo (possiamo “annusare” il cibo in bocca con i recettori retronasali).
Anche in questo caso è bene evitare di avere sapori precendenti in bocca (caffè, menta, etc) che possono alterare l’assaggio.
Una volta in bocca, distingueremo i 4 sapori fondamentali: acido, amaro, salto o dolce, ovvero l’essenza del gusto in senso stretto. (ciò che percepiamo quando, anche per un semplice raffreddore, non riusciamo ad odorare i profumi).
L’analisi del gusto non finisce qua, il miele può lasciare un sapore in bocca una volta deglutito, quello che chiamiamo generelamnete: retrogusto.
E qui, possiamo sbizzarrirci a identificare i sapori/profumi che il miele sprigiona e ci ricorda in bocca.
L’analisi del gusto porta con sé la soddifazione dell’ultimo senso: il tatto. Infatti, lavorando con la lingua il miele potremmo accrogerci della sua fluidità o, all’opposto, della sua viscosità.
Se è cristallizzato potrà risutlate morbido, pastoso, compatto con cristalli fini, medi, solubili o insolubili, tondeggianti o spigolosi.
Ora abbiamo tutti i mezzi per assaporare pienamente un miele in tutte le sue qualità…
Manca, per la verità un senso: l'udito! Per quello, attenderemo il ronzare delle api di fiore in fiore, a primavera!
Nel frattempo… Buon assaggio!
Luca Guizzon
Nelle prossime settiamane andremo a descrivere alcune sensazioni che potremo percepire assaggiando i diversi tipi di miele.